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    Civitavecchia, sacralità e tradizione nella processione del Cristo Morto – Le Muse News di Sara Fresi

    5:41 am
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    Redatto da Sara Fresi, storica e giornalista.

    CIVITAVECCHIA – Dopo due anni di fermo a causa della pandemia di Covid-19 è tornata la processione del Cristo Morto organizzata dall’Arciconfraternita del Gonfalone di Civitavecchia. Il tradizionale evento del Venerdì Santo ha visto anche la partecipazione della Confraternita di Santa Maria dell’Orazione e Morte, di molti “incappucciati penitenti”, i parroci della città con le istituzioni civili, militari e religiose, le bande musicali cittadine e la partecipazione del gruppo Portatori della Statua della patrona Santa Fermina.

    Nella Processione del Venerdì Santo si fondono due elementi: il sacro, con il Mistero della Passione di Gesù, e le tradizioni che attingono alle radici storiche. Il sacro viene ripercorso mediante la rappresentazione della passione, con uno dei due misteri che fondano il cristianesimo: dolore, martirio, agonia, crocifissione, deposizione e successiva risurrezione di Gesù. La tradizione affiora con il corteo dei “condannati penitenti”.

    Nella prima metà del Seicento il pontefice insignì l’Arciconfraternita del Gonfalone di Civitavecchia, allora attiva nell’assistenza dei condannati nelle carceri del Porto, del potere di concedere annualmente la grazia a coloro che dovevano essere giustiziati. La tradizione vuole che tutti i condannati a morte venissero convocati e fossero incappucciati per non venire riconosciuti. Coloro che sentivano il tocco di una mano sulla spalla avevano la concessione della grazia, quindi il raggiungimento dell’agognata libertà in un “ritorno alla vita”. Una descrizione dettagliata viene fornita nel Settecento dal domenicano padre Labat, il quale informa che i condannati si fustigavano con “grande effusione di sangue” per espiare gravi colpe.

    Le punizioni corporali venivano praticate al tempo di Re Salomone: “Chi risparmia il bastone odia suo figlio, chi lo ama è pronto a correggerlo” e anche “Non risparmiare al fanciullo la correzione, perché se lo percuoti con il bastone non morirà; anzi, se lo batti con il bastone, lo salverai dal regno dei morti” (Proverbi 13:24; 23:13). Ai nostri giorni non vediamo “effusioni di sangue” ma possiamo percepire il dolore e la fatica a cui sono sottoposti gli “incappucciati penitenti” mentre affrontano la processione: donne e uomini di tutte le età, scalzi, che indossando pesanti catene alle caviglie portano in spalla una croce di legno. Elementi che annualmente vengono rievocati per ricordare gli ultimi momenti della vita di Gesù.