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    I Carabinieri TPC hanno recuperato un’anfora attica a figure nere del “Gruppo di Leagros”

    5:49 am
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    VENEZIA – Nella mattina di giovedì scorso presso il Museo Archeologico Nazionale di Venezia, è stata consegnata al Direttore Regionale Musei del Veneto, Daniele Ferrara, dal Comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia, Magg. Emanuele Meleleo, un’anfora attica a figure nere, databile attorno al 500 a.C. e attribuibile al cd. ‘Gruppo di Leagros’. La consegna è avvenuta alla presenza dell’Assessore al turismo della Città Metropolitana di Venezia Simone Venturini, della Direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Adria Alberta Facchi, di funzionari del MiC e rappresentanti di istituti universitari e di ricerca.

    Con la denominazione “Gruppo di Leagros” si fa convenzionalmente riferimento, nelle Scienze Archeologiche, a un insieme di ceramografi attivi ad Atene, tra il 525 e il 500 a.C. Tali artigiani erano specializzati nella tecnica ‘a figure nere’, della quale rappresentano l’ultimo grande momento, prima del definitivo sorpasso da parte della tecnica ‘a figure rosse’. Assieme all’hidria e al cratere, l’anfora è tra le forme predilette dal Gruppo di Leagros, al quale si attribuiscono vasi prevalentemente caratterizzati da figurazioni di carattere eroico, spesso tratte dai poemi omerici. I temi derivano generalmente dalle imprese di Eracle e dalla guerra di Troia. A parte un unicum in Turchia, tutti i ritrovamenti delle anfore del ‘Gruppo di Leagros’ ricadono in primis in Italia, soprattutto nell’antica Etruria (luogo di destinazione commerciale), poi in Grecia, in particolar modo in Attica.

    L’anfora recuperata presenta sul lato principale la raffigurazione di Apollo citaredo stante, tra due Muse. Il lato opposto ritrae al centro un guerriero stante, munito di elmo e scudo rotondo, fiancheggiato da due arcieri. Sul fondo esterno è presente un segno alfabetico (Σ) graffito post-cottura. Si tratta di un dettaglio raro, verosimilmente connesso alla fase di commercializzazione del prodotto.

    L’anfora è stata sequestrata nel settembre 2022 dai Carabinieri Tpc di Venezia, nell’ambito dell’operazione internazionale di polizia ‘Pandora VII’, e a seguito di una richiesta per il rilascio dell’Attestato di Libera Circolazione, presentata dal detentore all’Ufficio Esportazione di Venezia, ovvero a un ufficio del Ministero della Cultura (MiC) che si occupa della circolazione internazionale dei beni culturali.

    La normativa vigente, infatti, prevede sui beni archeologici provenienti certamente o presumibilmente dal territorio italiano una presunzione di appartenenza allo Stato. Il privato che intenda rivendicare la proprietà di reperti archeologici è tenuto a fornire la prova che gli stessi gli siano stati assegnati dallo Stato in premio per ritrovamento fortuito; o che gli siano stati ceduti sempre dallo Stato a titolo d’indennizzo, per l’occupazione d’immobili; o che siano stati in proprio, o altrui possesso, in data anteriore all’entrata in vigore della Legge n. 364 del 20 giugno 1909.

    Inoltre, in materia di compravendita di beni perfezionatasi all’estero, alla luce della Convenzione Unesco di Parigi del 1970, ratificata dall’Italia, il contratto di acquisto di un bene avente natura storico – culturale stipulato in base ad una normativa nazionale, contrastante con il divieto di esportazione illegale di detti beni, non costituisce idoneo titolo di proprietà.

    Nella ricostruzione a ritroso della storia del bene, è emerso che l’anfora era stata acquistata dall’ultimo detentore nel 2016 in un’asta londinese. Precedentemente apparteneva a una collezione privata belga, che nel 1935 fu data in deposito al Museo Reale di Arte e Storia di Bruxelles. Non sono invece stati individuati informazioni certe più antiche. Per tali accertamenti è stato di fondamentale importanza il coinvolgimento del Servizio di Cooperazione Internazionale di polizia e del Ministero della Cultura e dello Sport greco.

    L’azione prettamente investigativa si è avvalsa necessariamente di esami tecnici e storico-artistici sul bene, anche in relazione alla sua provenienza, effettuati dai funzionari archeologi della Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna; nonché della collaborazione strutturale del predetto Ufficio Esportazione di Venezia.

    Il contrasto al traffico illecito dei reperti archeologici rappresenta una delle direttrici investigative che il Nucleo CC Tpc di Venezia persegue, attraverso verifiche costanti presso gli esercizi commerciali di settore, mediante l’attenta raccolta di segnalazioni da parte di studiosi e appassionati, grazie alla collaborazione degli uffici centrali e periferici del MiC. La restituzione al patrimonio pubblico di questi beni, testimonianze materiali aventi valore di civiltà, riporta alla fruizione collettiva oggetti che narrano la storia di territori e di comunità.