CIVITAVECCHIA / VALLINFREDA – Ieri pomeriggio la Comunità di Vallinfreda ha ricordato “Il rastrellamento degli ebrei nel Ghetto di Roma”. E’ stata una conferenza di alto valore sociale e culturale che ha visto la collaborazione di Comune, Centro sociale anziani di Vallinfreda, Parrocchia San Michele Arcangelo, Associazione Volontari San Rocco Onlus, Pro Loco, Associazione Culturale “Biblioteca Lorenzo Lodi” Onlus, Giano Storia Memoria Ricerca e Associazione Nazionale Combattenti Forze Armate Regolari Guerra di Liberazione (ANCFARGL).
L’incontro si è svolto presso la Sala comunale Saccucci che, per l’occasione, era gremita di persone. All’entrata sono stati esposti simbolicamente abiti che ricordano le divise che i nazisti fecero indossare agli ebrei ed altri oggetti. In alto la ricostruzione della scritta “Arbeit macht frei” posta all’entrata di vari campi di concentramento.
Il Sindaco Dott. Piero Chirletti: “Oggi 27 gennaio ricorre il giorno della memoria e la Comunità di Vallinfreda vuole ricordare la Shoah, gli ebrei del ghetto di Roma, i militari italiani deportati. Sono stati invitati esperti e cultori della materia. Quando le truppe sovietiche arrivano al campo di concentramento di Auschwitz trovarono circa 7000 prigionieri ancora vivi. Lì furono deportate oltre 1 milione e 300.000 persone, di cui 900.000 circa furono uccisi al loro arrivo. Nel 2010 la Comunità di Vallinfreda si recò in visita ad Auschwitz e nel 2015 nella Risiera di San Sabba, utilizzata dai nazisti come campo di prigionia dopo l’8 settembre 1943. Ricordiamo 15 milioni di persone vittime nei campi di concentramento, 1.022 ebrei romani di cui 200 bambini, 650.000 militari italiani deportati”.
L’Ing. Lelio Violetti: “Quando i tedeschi vennero a Roma misero in atto un’operazione di controllo della città e di repressione. Nel Settembre del 1943 vennero chiesti agli ebrei oltre 50kg d’oro, ci fu una corsa contro il tempo, collaborarono anche tanti romani non ebrei. Successivamente avvenne il saccheggio della biblioteca della Sinagoga, dove erano conservati tantissimi documenti preziosi relativi alla storia degli ebrei che, da circa duemila anni, sono presenti a Roma. Di quei volumi non si è saputo più nulla. Sabato 16 ottobre 1943 avvenne il rastrellamento del ghetto di Roma: la gestapo circondò il ghetto e presidiò tutte le vie d’accesso. Vennero catturate 1250 persone e portate con i camion al collegio militare di via della Lungara, tra questi 237 furono rilasciati perché non erano ebrei, catturati per errore, o considerati di razza mista. Il 18 ottobre, i restanti 1022, vennero caricati su camion e trasportati a San Lorenzo Scalo dove salirono a bordo di treni merci, diretti al campo di concentramento di Auschwitz. Vi racconto di quel sabato mattina del 16 ottobre 1943. Era prevista la distribuzione di sigarette che avveniva sull’Isola Tiberina, molti uomini erano fumatori e si allontanarono dal ghetto; ad essere catturati per primi furono donne e bambini. Settimia Spizzichino venne fermata insieme alla madre sue sorelle Giulietta e un’altra più piccola. Quest’ultima si salvò, perché Settimia disse che era una domestica. Al collegio di via Lungara ritrovò l’altra sorella con la figlioletta. Solo 16 ebrei romani riuscirono a fare ritorno. Conobbi Settimia negli anni ’70, lavorava al banco della posta con mia madre. Erano amiche, facevano importanti battaglie sindacali. All’epoca ero uno studente universitario ed ero curioso di conoscere la storia di questa donna. Mi colpì molto il suo accento romano, era una donna con molteplici interessi. La soprannominavamo Mimma, lei era una donna battagliera e non parlava mai del suo internamento. Nel ’73 chiese a mia madre di accompagnarla ad Auschwitz, era la prima volta che ci tornava insieme ad una persona. Contribuì con la sua testimonianza al film di Spielberg ed io seppi quello che aveva vissuto vedendo quel documentario. Se andate a Via della Reginella n°2, a Roma, ci sono delle pietre d’inciampo in memoria della famiglia Spizzichino. Alla Garbatella è presente il Ponte della Memoria, in ricordo di Settimia Spizzichino. Tante altre informazioni sono reperibili nella mia pubblicazione A passeggio per il “Ghetto”. Il quartiere ebraico di Roma“.
Il Cav. Marco Lodi: “Circa 2.500 furono i carabinieri rastrellati a Roma e mandati nei campi di prigionia dopo l’8 settembre 1943. Un nostro socio Amedeo vide con i suoi occhi il rastrellamento ed ha scritto una sua memoria. Nella nostra sezione di Roma Capitale dell’Associazione Nazionale Combattenti Forze Armate Regolari Guerra di Liberazione (ANCFARGL ) cerchiamo di fare memoria storica attraverso il contributo degli iscritti e degli esterni. Dedichiamo una pagina del nostro sito alla storia degli internati militari”.
Il Parroco Don Omar Gamboa: “Sono figlio di padre ebreo e madre cattolica ed extracomunitario. Quando si parla di immigrazione non si può disgiungere dal razzismo, esiste da sempre. La storia della Shoah ci chiama alle nostre responsabilità. Quando iniziamo a fare differenze tra “noi” e “loro”, nasce il seme del razzismo ed il ventre del nazismo e del fascismo è sempre fertile. Dobbiamo fare memoria ogni giorno, rispettiamo l’altro e le differenze”.
L’Assessore comunale Mario Oddi: “Mio padre Giovanni venne catturato e imprigionato nel campo di concentramento di Mauthausen-Gusen come detenuto politico. Nel suo diario sono registrati gli spostamenti, non le date. Ho vissuto tutta la vita da orfano di guerra”.
Il Cav. Franco Mari (Presidente ANCFARGL sez. di Roma Capitale): “Nel 2008, dopo che andai in pensione, mio padre mi portò nella sede dell’Associazione Nazionale Combattenti Forze Armate Regolari Guerra di Liberazione. Il nostro impegno è quello di ricordare i militari deportati e quelli che hanno perso la vita per darci la libertà e la Costituzione. Evviva l’Esercito Italiano!”
Servizio esclusivo di Sara Fresi – Riproduzione riservata
Foto di Manola Solfanelli