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    Ministero della Cultura acquisisce il Teatro Sociale di Amelia

    9:57 pm
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    ROMA – “Il Ministero della Cultura ha esercitato il diritto di prelazione sul Teatro Sociale di Amelia, acquisendo un immobile storico costruito nel 1783 su commissione della locale Società Filodrammatica. Un passo importante per garantire la continuità di uno spazio culturale molto sentito dalla comunità”.

    Così il Ministro della Cultura, Dario Franceschini, commenta la notifica del provvedimento con cui la Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, sulla base della dichiarazione di interesse culturale da parte della Soprintendenza dell’Umbria, ha esercitato la prelazione sul bene.

    “Il Teatro – come si legge nella relazione del ministero – non solo rappresenta un esempio raffinato della cultura tardo settecentesca in Umbria nonché uno degli ultimi teatri storici presenti nel territorio Amerino-Narnese, di cui Amelia è il capoluogo, ma è ancor oggi luogo di scambi culturali che vedono la città al centro di eventi di musica classica e moderna, di danza e di prosa, di lirica e di jazz, tutti interpretati da ospiti di eccellenza. Profondamente legato alla tradizione artistica locale, ha accolto compositori ed interpreti di eccellenza nel campo della lirica, del concertismo, della prosa e delle più varie forme intellettuali, costituendo sempre la sede naturale ed il fulcro delle molteplici attività culturali della città”.

    Il valore culturale del teatro è dovuto anche alla sua “elegante struttura settecentesca” – come si legge ancora nella relazione – e per questo motivo è stato più volte scelto come location cinematografica. “Non si possono non citare infatti pellicole – viene sottolineato nella relazione – che, a partire dall’immediato dopoguerra, hanno fissato le immagini del Teatro Sociale di Amelia in celeberrimi film come Pinocchio di Luigi Comencini o Il Marchese del Grillo di Mario Monicelli e, in epoche più recenti, L’ultimo Pulcinella di Maurizio Scaparro e In arte Nino di Luca Manfredi”.

    Foto di Manola Solfanelli