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    “Moto bolognesi M.M. La collezione Giampaolo Tozzi e Mirella Mazzetti: la passione, la memoria, l’archivio familiare”

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    BOLOGNA – Il Museo del Patrimonio Industriale del Settore Musei Civici Bologna ha inaugurato sabato 11 novembre 2023 “Moto bolognesi M.M. La collezione Giampaolo Tozzi e Mirella Mazzetti: la passione, la memoria, l’archivio familiare”, la nuova sezione espositiva dedicata a una importante collezione di motociclette prodotte con il leggendario marchio della M.M., la più illustre e titolata casa costruttrice bolognese attiva tra il 1924 e il 1958.

    La collezione, acquisita dal museo in comodato di durata decennale, rappresenta il coronamento di un lungo percorso che ha coinvolto la famiglia del fondatore Mario Mazzetti, in particolare nelle persone della figlia Mirella e del genero Giampaolo Tozzi, con l’obiettivo di riscoprire e valorizzare la figura di uno dei più importanti tecnici progettisti del motociclismo bolognese e una storia imprenditoriale dai risvolti tecnici e sportivi di altissimo livello. Lo testimoniano in modo inequivocabile le 18 motociclette esposte, prodotte durante l’intero l’arco di vita dell’azienda, ricercate a lungo, poi studiate e, quando necessario, restaurate in maniera filologica da esperti artigiani. Una collezione di cui fa inoltre parte l’ingente documentazione aziendale dell’Archivio Mazzetti Tozzi gelosamente conservata dalla famiglia (cataloghi, dépliant, fotografie, disegni tecnici e brevetti), che è diventata un punto di riferimento imprescindibile per tutti gli appassionati e collezionisti, da cui ha preso vita il Registro Storico M.M. La sezione dedicata alla vicenda costruttiva della M.M. arricchisce gli spazi espositivi permanenti del museo dedicati alla motoristica, in cui sono presenti esemplari di motocicli, motori e componenti di altre importanti aziende (G.D, F.B.M., Minarelli, Ducati, Idroflex, Marzocchi, Verlicchi), a testimonianza del ruolo preminente che il polo produttivo dell’area bolognese – terra di motori per eccellenza – ha svolto per tutto il Novecento, contestualizzandone gli scenari di evoluzione tecnica, produttiva e aziendale.

    L’affidamento di questa importante collezione familiare è un ulteriore riconoscimento del lavoro di studio e ricerca che il Museo del Patrimonio Industriale ha svolto negli ultimi due decenni, con l’obiettivo di ricostruire le vicende del dinamico comparto motoristico attivo in area bolognese attraverso una serie di mostre tematiche e pubblicazioni tra cui, ultima in ordine temporale, Antologia della moto bolognese, 1920-1970. L’indagine condotta su fonti composite – documenti, memoria orale, immagini fotografiche e filmate, giornali e riviste specializzate del tempo – ha consentito di ricostruire nel tempo un centinaio di biografie aziendali e la formazione di un ricchissimo archivio di immagini e documenti, anche grazie all’aiuto del mondo del collezionismo.

     La storia della M.M. è strettamente legata all’operato del suo fondatore Mario Mazzetti, riconosciuto come “una delle più illustri firme dell’industria motociclistica italiana, un tecnico illuminato, un costruttore animato dalla più intransigente scrupolosità che rasenta persino la più spietata autocritica. Uno di quei tecnici che consumano la loro vita tra regoli e compassi, attorno alle macchine d’officina, tecnici progettisti e costruttori che pagano di persona, mossi da una commovente passione per il mestiere, talché attraverso le loro mani il mestiere diventa arte” (Arturo Coerezza sulla rivista “Motociclismo”).
    Mario Mazzetti nasce a Bologna il 20 febbraio 1895. Dopo le scuole elementari interrompe lo studio e si mette in cerca di un’occupazione per aiutare la famiglia. Impara l’arte del fabbro e del meccanico, seguendo in età ormai adulta anche i corsi serali di disegno tecnico all’Istituto Aldini Valeriani. Dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale, trova impiego nel 1921 all’Officina delle Ferrovie dello Stato, quindi nel 1923 alla G.D, da poco nata, come meccanico collaudatore. Lo spirito di iniziativa lo spinge a progettare un suo motore a 2 tempi e, con una scrittura privata, si accorda con il pilota Alfonso Morini per dare vita ad una ditta nella quale vige una precisa ripartizione di compiti: Mazzetti si occupa della parte tecnica – dalla progettazione al collaudo – e Morini di quella commerciale, sportiva e organizzativa. La Fabbrica Motociclette Brevetti M.M., fondata da Mazzetti e Morini, nasce ufficialmente il 29 settembre 1924 aprendo un’officina in via Galliera 128 a Bologna.
    Fin da subito sono le competizioni a dare impulso dinamico alla nuova casa, le cui motociclette surclassano per velocità e tenuta tutte le concorrenti. È l’inizio di un periodo di successi in Italia e all’estero che tra il 1924 e il 1957 porteranno alla conquista di 461 podi, di cui 264 vittorie, nei più importanti eventi sportivi, 7 Campionati Italiani Piloti e Marche, 2 Campionati in Belgio e Francia e ben 13 record mondiali di velocità conquistati nell’arco di 9 anni (1927-1936) in quattro classi di cilindrata (125, 175, 250, 350 cc). Favoriti dai successivi sportivi, i risultati commerciali sono confortanti e le partecipazioni all’annuale Esposizione Internazionale del Ciclo e Motociclo di Milano sono sottolineate sulla stampa specializzata con accenti di ammirazione per i modelli esposti, la cui bellezza ed eleganza, insieme alle caratteristiche tecniche sempre originali, richiamano un gran numero di visitatori. Facendo fronte al variare della legislazione, con conseguenti nuovi indirizzi produttivi, vengono offerte a sportivi e gentleman la 175 a 4 tempi, quindi le 350 e 500 a valvole laterali, adottate anche dal Corpo dei Vigili Urbani di Bologna e dalla Polizia Provinciale per le loro ottime doti di resistenza.

     Le restrizioni dell’economia bellica negli anni Quaranta arrestano lo sviluppo dell’azienda, allora la più grande fabbrica di moto della città con circa 80 dipendenti, limitando la produzione a un esiguo numero di motocarri imposto dalle autorità. Lo stabilimento di via Calvaert, colpito nel 1944 da pesanti bombardamenti, dopo la Liberazione viene in parte ricostruito con grande sacrificio, riprendendo l’attività nel 1947 con un programma in parte tradizionale, in parte innovativo, ma senza quell’euforia per le piccole cilindrate che domina ovunque.

    Nel dopoguerra vengono proposti i modelli classici 350 e 500 che trovano ancora estimatori tra gli appassionati, ma il mercato stenta ad accogliere macchine di gran classe orientando il favore degli acquirenti, in quegli anni di grande povertà, verso mezzi più economici. Vengono quindi conservati solo la linea 250, con il motore 54 A, e i modelli Turismo, Sport e Super Sport rinnovati. Per le corse in Formula 2 la 54 A Super Sport dà origine ad una 250 Sport SS. Aggravatasi la situazione finanziaria e commerciale, si tenta il lancio di una 125 a 2 tempi, il cui motore viene realizzato dall’officina Mario Michelini su disegno di Mazzetti, e di una 175 a 4 tempi monoalbero. La scelta di puntare su altissima qualità e tecnologia con relativo aumento dei costi, segna, di fatto, l’inizio del declino dell’azienda, che chiude con procedimento fallimentare nel 1958 ponendo fine a una storia gloriosa. Mazzetti accetta poi una proposta della F.B Minarelli per la messa a punto di un motore 125 a 4 tempi, con risultati positivi, ma alcuni dissapori lo porteranno a recedere dalla collaborazione. Venuta meno la salute, muore il 25 ottobre 1964.

    La trentennale attività della M.M., costellata di successi sportivi e commerciali, trova spiegazione nell’estrema accuratezza costruttiva dei suoi dispositivi, ma ancor più nelle scelte e nelle realizzazioni di innovazioni tecnico-meccaniche, spesso precorritrici nel panorama motoristico nazionale, che Mazzetti propone alternando la progettazione al tavolo da disegno con il duro e appassionato lavoro di officina.
    Alcuni di questi pezzi – la bicicletta a motore a 2 tempi da 125 degli anni Venti, la motoleggera 175 monoalbero a 4 tempi del decennio successivo, come pure le motociclette 250 (tra le migliori “quarto di litro” dell’epoca), 350 (il modello più celebrato della casa bolognese) e 500 a valvole laterali – sono state ai vertici della produzione nazionale nei rispettivi settori. Eccellenti nelle prestazioni, veloci, affidabili, eleganti, hanno incontrato l’interesse sia dei piloti per le gare in Italia ed Europa, sia degli amatori che le hanno utilizzate come mezzo di trasporto con finalità turistiche o di lavoro.
    Esempio unico a Bologna, fin dagli inizi la M.M. si caratterizza per lo studio di progetto e la costruzione di tutte le parti più significative dei suoi modelli, dal motore alla ciclistica, tutte orgogliosamente identificate con il marchio aziendale e in 7 casi coperte da brevetto. La scelta della M.M. e del suo titolare di realizzare motociclette sempre all’avanguardia dal punto di vista costruttivo, sia per la qualità dei materiali impiegati che per l’originalità dei componenti, è stata una costante nella storia dell’azienda, perseguita fin dalla fondazione. Ad esempio, nel 1940 Mazzetti, secondo nel mondo, realizza una forcella telescopica con ammortizzatori idraulici che nel dopoguerra utilizzerà di serie in tutte le moto.

    L’alta tecnologia e la qualità delle moto così prodotte giustificano l’alto costo, proprio di una gamma di modelli prestigiosi destinata soprattutto ad un’élite di acquirenti facoltosi. Una scelta di mercato peculiare e a lungo vincente, ma non nel dopoguerra, con la “motorizzazione popolare”, e negli anni Cinquanta, quando cambiano drasticamente le richieste del mercato e gli assetti produttivi.
    Non solo: la documentazione archivistica conservata e messa a disposizione dalla famiglia di Mario Mazzetti ha permesso di portare alla luce aspetti episodici, ma significativi, che testimoniano la varietà dei suoi interessi e la propensione ad affrontare problematiche tecniche nuove, rispetto alla ben nota attività di progettista di motociclette. Alcune fotografie mostrano il misterioso prototipo di una piccola auto da corsa realizzata presumibilmente all’inizio del 1940: anche in questo caso egli introduce soluzioni particolari, come i freni idraulici in lega leggera con prese d’aria per il raffreddamento e gli ammortizzatori di spinta laterali. Un altro caso unico, è l’allestimento su richiesta di Raffaele Giordani, titolare dell’omonima grande fabbrica di giocattoli a pedali, della versione motorizzata di un sidecar per bambini. Risale infine al periodo della guerra, quando la mancanza di materie prime e soprattutto le restrizioni imposte dal regime impediscono di produrre, la realizzazione di una piccola serie di biciclette a marchio M.M., una delle quali, quella appartenuta a Mazzetti stesso, è presente in esposizione. Completa l’allestimento un montaggio fotografico dedicato agli uomini e ai luoghi di lavoro della fabbrica ed è consultabile, secondo vari percorsi di indagine, una banca dati multimediale che presenta fotografie, dépliant, pubblicità e cataloghi che testimoniano il percorso aziendale della M.M. e dei circa 100 produttori di motociclette attivi sul territorio fino al 1960. Si tratta di un’esaustiva “enciclopedia” del motociclismo bolognese resa possibile grazie al contributo del mondo del collezionismo che ha conservato e messo a disposizione una ricca documentazione iconografica.

    Le motociclette M.M. esposte

    125 cc Milano/Napoli 1925
    125 cc Monza 1927
    125 cc Speciale corsa 1927
    175 cc A Sport 1931
    175 cc Record 1933
    250 cc A Super Sport 1936
    500 cc D Gran Turismo 1939
    500 cc 47D 1947
    250 cc AS 1948
    250 cc A Sport 1948
    250 cc AS Corsa 1948
    350 cc C 47 Turismo 1948
    350 cc CTS 1951
    250 cc 1951 AS 1952
    250 cc 54 A Super Sport 1954
    350 cc Turismo 1954
    125 cc 1955
    250 cc SS Competizione 1956

    Il Museo del Patrimonio Industriale

    Il Museo del Patrimonio Industriale – collocato nella suggestiva sede di una fornace da laterizi del XIX secolo – studia e racconta la storia economico produttiva di Bologna e del suo territorio dal tardo Medioevo ai giorni nostri. Il percorso espositivo si apre con la ricostruzione dell’organizzazione produttiva dell’antica “Città dell’acqua e della seta” che ha visto Bologna – tra i secoli XV e XVIII – esportare filati e veli di seta in tutto il mondo occidentale. Questa supremazia produttiva entra in crisi alla fine del secolo XVIII quando la Rivoluzione Industriale costringe ad aggiornare saperi e organizzazione del lavoro.
    La città è costretta a riprogettare il proprio futuro, puntando sulla formazione tecnica come elemento strategico di rinnovamento: nel corso del XIX secolo si afferma, così, l’Istituto Tecnico Aldini Valeriani. Da questa scelta, oltre che dall’esistenza di fattori economici, organizzativi, logistici e amministrativi favorevoli, scaturisce la ripresa produttiva della città nella seconda metà dell’Ottocento che porterà un secolo dopo all’affermazione dell’attuale distretto industriale. Bologna si configura oggi come una vera e propria capitale dell’industria meccanica ed elettromeccanica. La ricchezza e la complessità del distretto viene ricostruita attraverso le sue principali articolazioni produttive: le macchine da pasta, la motoristica e l’automazione meccanica, settore, quest’ultimo, nel quale la città compete a livello mondiale.