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    Studio padovano svela i meccanismi che imprigionano le microplastiche nei sedimenti dei fiumi

    5:49 am
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    PADOVA – A partire dalla metà del Novecento ad oggi nel mondo sono state prodotte circa 9 miliardi di tonnellate di plastiche e negli ultimi anni la produzione globale di questi materiali è aumentata in modo esponenziale, arrivando a circa 400 milioni di tonnellate per anno. L’inquinamento da plastica è diventato oggigiorno uno dei problemi ambientali più rilevanti soprattutto perché, una volta immessi nell’ambiente, questi materiali sono soggetti a frammentazione e si degradano in minuscole particelle, le microplastiche. Le microplastiche misurano da cinque millimetri fino a millesimi di millimetro, e vengono facilmente disperse nei mari e negli oceani, danneggiando gli habitat e provocando danni alla salute umana e del pianeta. I fiumi ricoprono un ruolo chiave nel trasferimento delle microplastiche dalla terraferma al mare, al punto da essere definiti dei veri e propri nastri trasportatori. Durante questo trasferimento le microplastiche possono però restare intrappolate nei sedimenti per un tempo variabile, ma possono anche assorbire sostanze inquinanti o subire ulteriori frammentazioni a causa di processi biologici e fisici. Per questo motivo la conoscenza dei meccanismi che regolano la sedimentazione delle microplastiche nei fiumi è un ambito di ricerca di estrema importanza. Lo studio Mechanisms of microplastics trapping in river sediments: Insights from the Arno river (Tuscany, Italy), condotto da ricercatori del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova e pubblicato sulla rivista «Science of Total Environment», ha analizzato i sedimenti del fiume Arno, in Toscana, allo scopo di comprendere i meccanismi che controllano il trasporto e lo stoccaggio delle microplastiche nei sedimenti fluviali. «Abbiamo raccolto dei campioni di sedimento subito dopo due principali eventi di piena e abbiamo tentato di capire quale fosse il contenuto di microplastiche nei depositi – spiega il Prof. Massimiliano Ghinassi, primo autore dello studio -. Abbiamo quindi focalizzato il nostro interesse su diverse tipologie di sedimenti clastici: le ghiaie, che solitamente vengono trasportate solo durante i principali eventi di piena, e sedimenti più fini, come le sabbie, che vengono mobilitate anche durante piene minori e sedimenti fangosi che sono associati alla fase calante della piena».

    La differenza di densità tra la plastica ed i sedimenti ha poi consentito agli autori della ricerca di mettere a punto una procedura per separare le microplastiche dai sedimenti. «In laboratorio abbiamo immerso i nostri campioni in un liquido a densità nota e abbiamo isolato i frammenti di microplastica – dice il Prof. Massimiliano Zattin, coautore dello studio -. In seguito abbiamo analizzato questi frammenti al microscopio e alla spettroscopia Raman per poterli descrivere: uno dei risultati più rilevanti è il fatto che quasi il 90% dei frammenti di microplastica derivano da materiali tessili, quindi sono essenzialmente fibre». La concentrazione di microplastiche nei sedimenti del fiume Arno è risultata variabile tra 5,68 e 0,44 unità per grammo, un dato paragonabile a quello di alcuni fiumi altamente inquinati nel mondo. «Le microplastiche hanno una densità relativamente ridotta e dunque è abbastanza intuitivo pensare di poterle trovare all’interno dei sedimenti più fini, come i fanghi associati a processi di decantazione in acque calme. Tuttavia la loro significativa presenza nelle sabbie suggerisce che siano state trasportate ed intrappolate al fondo quando il flusso trasportava i grani di sabbia con processi di rotolamento e saltazione» dice Francesca Uguagliati, studentessa di dottorato che ha partecipato alla ricerca. «Abbiamo trovato microplastiche in tutti i campioni analizzati, indipendentemente dal contesto deposizionale. Concentrazioni particolarmente elevate di microplastiche sono state individuate nelle ghiaie, poiché durante le fasi calanti delle piene queste particelle riescono ad infiltrarsi ed accumularsi tra i grani di sedimento» osserva Alessandro Michielotto, studente di dottorato e coautore dello studio. La comprensione dei meccanismi con cui le microparticelle di plastica si muovono e si accumulano nei nostri fiumi è fondamentale per poter gestire a tutelare la qualità delle nostre risorse e degli ecosistemi associati.