Homepage LE NOVE ARTI “Combustibile uomo”: l’autobiografia di Gino Valenzano (1920/2011)

    “Combustibile uomo”: l’autobiografia di Gino Valenzano (1920/2011)

    7:14 am
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    I tanti anni passati nel mondo dei motori mi hanno dato la possibilità di conoscere moltissimi personaggi più o meno noti ed oggi vi voglio parlare di Gino Valenzano, gentleman driver degli anni cinquanta che corse per Maserati e Lancia che ho avuto modo di frequentare e che mi ha onorato della sua amicizia partecipando anche ad alcune rievocazioni storiche del Giro del Lago di Bolsena negli anni novanta del secolo scorso.

    Quando mi donò il suo libro autobiografico “Combustile uomo” volle spiegarmi personalmente il motivo di questo titolo raccontandomi una parte importante della sua vita: nato nel 1920 era il pronipote di Pietro Badoglio e questa parentela, dopo l’otto settembre del 1943, lo portò ad essere arrestato dai fascisti e deportato a Mauthausen quale oppositore politico del regime ma riuscendo a salvarsi con l’arrivo degli americani il 5 maggio del 1944. Quei pochi mesi trascorsi nel campo di sterminio gli avevano fatto conoscere l’odore acre dei corpi umani arsi nei forni crematori che mai avrebbe pensato di dovere respirare ancora nella vita. E invece, intrapresa la carriera automobilistica, nel 1955 andò a disputare la 24 Ore di Le Mans alla guida di una Maserati e, proprio in quella occasione, ci fu il gravissimo incidente che vide coinvolta la Mercedes 300 SLR del francese Pierre Levegh che volò tra la folla causando la morte del pilota, di 83 spettatori ed il ferimento di altre 120 persone; così ricorda l’episodio Valenzano nel suo libro: “Levegh, lanciato al massimo, sale sulla coda di un’altra auto; la Mercedes vola in aria. Uno schianto tremendo contro il terrapieno della pista. La macchina si incendia. Levegh! Levegh brucia vivo. L’aria è squarciata dai frammenti infuocati della vettura, la massa nera del pubblico si rischiara per un istante. C’è odore: un odore diverso da quello solito degli autodromi. E’ un odore che ho dimenticato da anni. Tiro su dal naso. Mi si risveglia la memoria: è odore di carne bruciata, carne umana. Non riesco più a sopportarlo questo maledetto odore che mi rivolta lo stomaco…..”.

    Avevo conosciuto Gino Valenzano quando aveva già oltre i settanta anni: era un simpatico e sereno Signore con il quale si parlava, ovviamente di auto, Lancia Aurelia in particolare con la quale lui aveva corso con ottimi risultati e, quando mi diede il suo libro, non conoscevo assolutamente il dramma che aveva vissuto che lo aveva portato ad avere tatuato sul braccio il numero di matricola 42216  ed a conoscere gli orrori di un campo di sterminio. Seppi poi che aveva testimoniato nelle scuole e nei circoli la sua esperienza di deportato con una lucidità e precisione  nei particolari sorprendente, ma senza mai pronunciare parole di odio limitandosi ad essere il testimone di quelle sofferenze. Un grande Uomo, conosciuto grazie ai motori ma del quale conservo gelosamente il ricordo oltre, naturalmente, alla copia del suo libro con dedica autografa.

    Foto gentilmente concesse

    Flavio Verzaro – Direttore del Museo Piero Taruffi